tag:blogger.com,1999:blog-80021681505731832922024-03-20T01:37:32.251-07:00ATROCITY EXHIBITIONEfedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.comBlogger15125tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-38121706617851386382011-04-12T08:54:00.000-07:002011-04-12T10:03:38.863-07:00<div class="separator" style="clear: both; margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: center;"><a href="http://fc03.deviantart.net/fs16/f/2007/216/b/d/sheets_by_macenphotos.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="121" r6="true" src="http://fc03.deviantart.net/fs16/f/2007/216/b/d/sheets_by_macenphotos.jpg" width="200" /></a></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;"><span lang="EN-US"><span class="ske06"><span class="ske03"><span style="background-color: white; color: #999999; font-family: "Courier New", Courier, monospace;"><strike>Last cigarette 4</strike></span></span></span></span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;"><span class="ske06"><span class="ske03"><span style="color: #333333;"><span style="background-color: white; color: #999999; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Vorrei essere un sempreverde <em>semprefelice, </em>Leà. Sono stanco di piangermi addosso. Plin, plin, plin. Finirò per affogare nelle mie stesse lacrime. Disegnami una mezzaluna sulla faccia e portami a spasso. Andiamo dagli uomini allegri, va. Ottanta passi dal confine del mio regno di tenebre e siamo arrivati. Lungo la strada, fermiamoci al D.C. Market. Lì, ho capito di amarti: "<em>Carrello senza birra, uomo innamorato". </em>Scienza di Dudy Pumpiks, l'uomo dei Muppets in ceramica: una sentenza per un Kermit in porcellana. Penso: tu cosa vorresti per amarmi ancora? Se serve, ti incarto il mondo in confezione regalo. Carta placcata e fiocco amaranto. Leà, brucio dalla voglia di farti una sola domanda: tu cosa vorresti per amarmi ancora? Per favore, rispondimi. Pensiero-margherita: <em>Leà miama, nonmiama, miama, nonmiama, miama, nonmiama.</em> Sbuccia un nonotiscordardime e torna a casa, tesoro. Quando arrivi, suona il campanello trecentottancinque volte, metà di quelle in cui mi sei mancata. Poi, vieni sul letto e comincia a leccarmi le ferite. Io sono qui. Aspetto il tuo ritorno, spiego a me stesso che non tornerai e fumo la mia ultima sigaretta.</span></span></span></span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;"><span style="color: #999999; font-family: "Courier New", Courier, monospace;"><strike>Non mi chiamo Zeno, questa non è la mia ultima sigaretta.</strike></span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;"><br />
</div><br />
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;"></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com19tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-67803478431127152762011-03-31T01:35:00.000-07:002011-03-31T01:35:02.527-07:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://fc06.deviantart.net/fs18/f/2007/223/5/4/outch_by_macenphotos.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="159" r6="true" src="http://fc06.deviantart.net/fs18/f/2007/223/5/4/outch_by_macenphotos.jpg" width="320" /></a></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; tab-stops: 176.25pt; text-align: center;"><strike style="clear: left; cssfloat: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"></strike><span style="color: #595959; font-family: 'Times New Roman','serif'; line-height: 115%; mso-themecolor: text1; mso-themetint: 166;"><span style="color: #666666; font-family: "Courier New", Courier, monospace;"></span></span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; tab-stops: 176.25pt; text-align: center;"><span style="color: #595959; font-family: 'Times New Roman','serif'; line-height: 115%; mso-themecolor: text1; mso-themetint: 166;"><span style="background-color: white; color: #999999; font-family: "Courier New", Courier, monospace;"><strike>Last cigarette 3</strike></span></span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; tab-stops: 176.25pt; text-align: justify;"><span style="color: #595959; font-family: 'Times New Roman','serif'; line-height: 115%; mso-themecolor: text1; mso-themetint: 166;"><span style="background-color: white; color: #999999; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Di notte gli uomini tristi muoiono, Leà. Mettono una pistola in mano all’uomo nero e si fanno saltare le cervella<i style="mso-bidi-font-style: normal;">. </i>L’uomo nero è sotto al letto: si tocca sempre il fondo prima di morire. R.I.P. R.I.P. R.I.P. R.I.P. R.I.P. R.I.P. Ripeti le ultime parole che non hai detto, piccola mia. Quelle in cui sostieni di amarmi alla follia. Anch’io ti amo, lo sai. Toh, prendi il ritornello di “Blue Monday”e corri sotto ai raggi del Sole a farti un vestito verde. Indosserò sneakers verdi, io. Così il mondo saprà che stiamo assieme, noi due. Andiamo a passeggiare in un supermercato di periferia, dai. Dove il Sole non tramonta mai: luci al neon fino alle 22:00. Tre barattoli di Campbell’s Soup e un pacco di preservativi alla menta: la lista della spesa è pronta. E la dispensa è vuota. Oggi più di ieri. Ieri come me. Come cazzo fai a non capire che morirò di fame se non vieni anche tu? Il mondo è troppo lontano per me. Non mi arriva la mano al bancone del latte, se tu non ci sei. Non mi arriva la mano al bancone del latte, giuro. Da solo, non arrivo da nessuna parte. Sono un patetico stronzo col culo attaccato all’ultima ruota del carro. Metto in fila insuccessi neanche stessi giocando a filetto. Eppure vorrei essere un re. Eppure vorrei essere Dio. Nel dubbio, lucido una corona di spine. Mi siedo su un trono di <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Ave Maria</i> e fumo la mia ultima sigaretta.</span></span></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br />
</div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; tab-stops: 176.25pt; text-align: justify;"><span style="color: #595959; font-family: 'Times New Roman','serif'; line-height: 115%; mso-themecolor: text1; mso-themetint: 166;"><span style="background-color: white; color: #999999; font-family: "Courier New", Courier, monospace;"><strike>Non mi chiamo Zeno, questa non è la mia ultima sigaretta.</strike></span></span></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com22tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-60964191853709899862011-03-26T08:19:00.000-07:002011-03-31T01:39:35.390-07:00<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://fc07.deviantart.net/fs14/f/2007/088/7/9/on_the_roof_by_macenphotos.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="168" r6="true" src="http://fc07.deviantart.net/fs14/f/2007/088/7/9/on_the_roof_by_macenphotos.jpg" width="320" /></a></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: center;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; mso-themecolor: text1; mso-themetint: 166;"><strike><span style="color: #999999; font-family: "Courier New", Courier, monospace;">Last cigarette 1</span></strike></span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%; mso-themecolor: text1; mso-themetint: 166;"><span style="color: #999999; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">All’improvviso, mi accorsi che le mie braccia non erano ali e cominciai a passare le notti sopra ai tetti, sputtanando le stelle. <em><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">“Questo mondo si ferma sempre. Questa meraviglia finisce sempre. Questi fiori moriranno sempre”.</span></em> Bloodflowers. Non fanno più canzoni tanto belle, oggi. Senti il luccichio del grande Smith, quando l’ascolti. Alla fermata del 112 la tengo nelle orecchie. Le clacsonate dei tram si intingono nelle cuffie del mio s545 e la portano via, un poco. Ma lei c’è. Pure quando il treno Montparnasse-Batignolles attacca a frignare, rimane. Fidato Robert Smith, è sempre con me. Non fugge via, lasciandomi il culo inzuppato nella formaldeide. Sono infiammabile, adesso. Ed esplosivo. “Leà, mi sento l’ultima bestia del cielo senza di te”, le dissi. Eppure, se ne andò. E rimasi solo. Solosolosolosolosolo. Annego in un bicchiere di Diluvio universale, ora. Mi ritaglio la lingua, facendo origami delle urla che tacciò. E, steso sul <em>nonvorreiesseremestesso</em>, fumo la mia ultima sigaretta. </span></span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;"><span style="color: #999999;"><br />
</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%; mso-themecolor: text1; mso-themetint: 166;"><span style="color: #999999; font-family: "Courier New", Courier, monospace;"><strike>Last cigarette 2</strike></span></span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;"><span style="font-family: "Times New Roman", "serif"; line-height: 115%; mso-themecolor: text1; mso-themetint: 166;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><span style="background-color: white; color: #999999;">C’è un Baccanale nella mia testa, Leà. Ti invito. Dà pure la mia offerta in pasto ai cani, sono in guerra con Bacco: il fegato a macero nel suo piscio divino era la mia preghiera per lui, non ha risposto. Penso: un giorno, hai detto <em>“Non esiste cuore tanto grande da sopportare le sofferenze altrui in eterno. Incontra cuori di media statura e gioisci, sono il meglio che ti possa capitare”.</em> Quello che dici fa venire voglia di recitare preghiere, Leà. Quelle in cui Amen fa rima con Prosit. Beviamo vitamine russe stesi sul pavimento del cesso. Io penso a me, tu a te. Come è sempre stato. Alle volte, mi chiedo perché mi manchi. Non ci sei mai stata, in fondo. Pensare che non ci sarai più, non dovrebbe fare alcuna differenza. Eppure, mi sento come se avessi perso l’unica cosa che avrebbe potuto farmi felice. Allo specchio, il mio autoritratto sbronzo dice che morirò vecchio e solo. In vino veritas, rispondo io. Non tacciò, ma acconsento. Struscio la lampada del comò ed esprimo il terzo desiderio ( 3. Leà, voglio un letto rotondo. Dove scoparti senza avere paura degli angoli). Poi, mi stendo e fumo la mia ultima sigaretta. </span></span></span><br />
<span style="color: #999999;"><br />
</span><br />
<span style="color: #999999;"><span style="font-family: "Courier New", Courier, monospace;"><strike>Non mi chiamo Zeno, </strike></span><span style="font-family: "Courier New", Courier, monospace;"><strike>questa non è la mia ultima sigaretta.</strike></span></span></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com38tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-24742422737279558952011-03-20T03:41:00.000-07:002011-03-20T12:08:35.096-07:00VERTIGINE<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Seguo il filo conduttore, </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">dissemino sassolini dietro di me. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">La mia testa è un labirinto, </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">la mia vita è un campo minato.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Mi trovo ancora una volta sul filo,</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">così vicino al ciglio, </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">pronto a cadere dall'altra parte. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Non c'è bellezza senza pericolo. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Senza pericolo non c'è bellezza. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">So solo che rimango ancora qui. </span><br />
<span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Sul ciglio.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">So solo che, probabilmente, </span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">sono sempre stato qui. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Sul ciglio.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">E all’improvviso mi rendo conto che le braccia non sono ali. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">E bevo bevande spirituali, </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">finché l'ultima particella del mio corpo non smetterà di muoversi. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Questa si che è l’altezza giusta per conversazioni divine. </span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Prosit. Amen.</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><br />
</span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><a href="http://www.youtube.com/watch?v=VzkcOfYZSCc"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">http://www.youtube.com/watch?v=VzkcOfYZSCc</span></a></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-88929096020904280972011-03-15T05:09:00.000-07:002011-03-27T08:56:26.701-07:00RUE DE LA PAIX<div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia, palatino;"><span class="ske02"><span style="font-family: times new roman, times;"><span class="ske03"><span style="color: #333333;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Mark Renaud c'aveva pure creduto, quando gli era stato detto. Era uscito dall'ufficio del caporale <em>Picard</em> con le gengive sporche di riso e riconoscenza. <em>"La guerra è finita", </em>si era messo a urlare. Il sedere a monte e la lingua a valle, a spargere la voce. Trenta secondi e quella canna rattoppata di Rue des Mineurs aveva preso a fare l'eco. In bocca a Rue Midi, la cosa era diventata un poco come <em>"L'incubo è finito". </em>Più o meno lo stesso, si sapeva di che incubo si stava a parlare. Tinte le orecchie nella buona nuova, <em>Helene Gaillard, </em>aveva preso a snocciolare paternostri. Un Padre Nostro, un Ave Maria e per tutti un così sia. <em>Pierre Leroux, </em>nato nel '18, fatto adultero nel '19, dopo quattro saltelli di gioia con la moglie, s'era infilato in casa di <em>Marie Aubert,</em> a fare un altro tipo di saltelli. Sempre di gioia. <em>Nicolas Dupont, tuttofare sempredafare, </em>era corso al gazzettino Lefevbre a pucciare la diceria nell'inchiostro. <em>Dupont </em>faceva le cose con un giro di testa del tipo <em>"Chiudo la bara, prima che ci sia il morto",</em> così da risparmiar tempo. L'esatto contrario di <em>Robert Fournier,</em> uno sfaccendato dall'alito di Calvados. Che canticchiava, con le R in grassetto, Sugar Sugar Sugar, <em>nottegiorno-giornonotte. </em>Per lui, la notizia era stata un motivo come un altro per buttar giù un poco di brandy. "Le cattive novelle vanno affogate, le buone nuove vanno tenute a galla", a pensarla così, non si tiene mai la bocca asciutta. Il vecchio Michel Lemaire, robivecchi storico di Montmarte, era l'unico a non rallegrarsi troppo. "La guerra si ferma, ma non finisce", diceva. E, forse, era l'unico a vedere le cose come stavano.</span></span></span></span></span></span><br />
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<a href="http://www.youtube.com/watch?v=SFaGFUPJSF0"><span style="color: #444444;">http://www.youtube.com/watch?v=SFaGFUPJSF0</span></a></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com16tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-92142467598083264652011-03-07T06:50:00.000-08:002011-03-27T08:57:05.551-07:00DO YOU LIVE IN A BELLE EPOQUE?<div style="text-align: center;"></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #999999; font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><em>La radio di Madame Touriè, una Century 61 dal suono ruggine e imbratto, cantava Smells Like Teen Spirit. La voce, pure un poco artefatta, era quella del Cavaliere Paul: sette note e venti ricordi di gioventù. Io, affacciata di sbieco su rue Cherche Midi, lasciavo che il panificio Belle Epoque m’ingolfasse la vista. Lo guardavo cospargere di cemento e lievito madre l’orizzonte, mentre tiravo dentro il primo tabacco della giornata. Non so dire quanto pane servisse al quartiere, ma, stando alle misure di quel posto, nessuno avrebbe mangiato altro per anni. Mai visto un casermone tanto grande: tetto orizzontale e soffitto chilometrico. Una fabbrica del pane, direi. Senza il minimo romanticismo. Forse, era sciocco, da parte mia, stare a cercare del sentimento in una panetteria. Colpa dell’odore di pan au chocolat, probabilmente: mi rendeva melensa come poche cose. Il mondo è colmo d’amore sotto il cielo di Paris, pensavo. E sognavo quei piccoli forni 3x3 dove si fa fatica a entrare col sedere eretto. I filoni addosso alle baguette, le baguette addosso ai croissant, i croissant addosso alle tortine di mele. Tutto in un’unica stretta, neanche si trattasse d’un domino di farine. La gente vicina, vicina e i soffitti a portata di mano. Quelli sono posti fatti a dovere. L’uomo è una creatura da tetti bassi e mura strette, in fondo. Se non si sforzasse di raggiungere il Cielo, vivrebbe meglio sulla Terra. </em></span></div><div style="text-align: justify;"><a href="http://www.youtube.com/watch?v=RM_xvTaYavw"><u><span style="color: #999999; font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><em>http://www.youtube.com/watch?v=RM_xvTaYavw</em></span></u></a></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com21tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-21097213775113099112011-02-13T06:49:00.000-08:002011-03-27T08:57:36.733-07:00CABARET DES SUICIDES<div style="text-align: center;"></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">La francesina era nata dal seme di Nessuno. Come un origami di placenta, senza razza e senza ceppo, cui la Divina Provvidenza aveva dato il nome di <i>Sophie Dumas</i>. Teneva due occhi azzurrognoli ad annacquare le gote paonazze e una manata di lentiggini scure a punteggiare le narici affilate. Era una ragazzetta carina, tutto sommato. Eccitante quanto un cherubino in lingerie monacale, ma graziosa. <i>Monsieur de Sade</i>, abituato a svezzare tiepide orfanelle, l'aveva presa con sè. L'avrebbe resa una donna, a suo dire. Maliziosa e provocante quanto le sue concubine: altalene di peccato e pulizia. Femmine pronte a indossare sottane trasparenti, ma non a sbottonarle. La piccola <i>Sophie</i> sarebbe diventata una di loro. Una delle stars del Cabaret des Suicides. Il Cabaret des Suicides<i> </i>era un luogo curioso: un potpourrì di sauvignon, malinconia e profusioni spermatiche. <span lang="">Ficcato in un anfratto della Paris dabbene, curvato sugli Champs- Elysees</span></span><span lang="IT"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;"> a far eco a Le Lido<i>.</i> Un luogo-non luogo, vedo-non vedo, che <i>Monsieur de Sade</i> aveva pensato come rifugio dei disperati. "Non c'è nulla che liquori e libidine non possano curare<i>",</i> diceva. Ed erano in molti a credere alle sue parole, a suon di franchi. Non tutti possono concedersi il lusso di screditare le false speranze, in fondo. Questo, la piccola Sophie lo sapeva bene. Lei, che aveva trascorso la vita nell'orfanotrofio di Filù, un mercatuccio di abbagli ed illusioni, non faticava a capire cosa portasse la gente al Cabaret. Le era tutto chiaro, familiare. In quel posto, <i>Sophie</i> riusciva a sentirsi a casa. Per la prima volta in vita sua.</span></span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;"> </span></div><div style="text-align: justify;"></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com19tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-33710255464864204252011-01-26T12:23:00.000-08:002011-03-27T08:58:43.274-07:00ADULT FABLE<div style="text-align: justify;"><div style="text-align: center;"></div><div style="text-align: center;"><span class="ske03"><span style="font-family: georgia, palatino;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><em><img height="0" src="http://www.marcusbirro.se/bilder/anneliecarlstrom1.jpg" width="0" /></em></span></span></span></div><span class="ske03"><span style="font-family: georgia, palatino;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><em>Ai ragazzetti di Gleensville girovagare per le strade della Periferia pareva un frutto proibito: una mela con il torsolo fracido. A camminarci addosso con troppa furia, il puzzo delle fogne arrivava dritto nelle narici e scendeva giù, tutto nella gola. Quelle canne d'asfalto, ammattonate alla bene e meglio con scampoli di vizi scartati, avrebbero fatto la gioia di chiunque avesse avuto la voglia di sporcarsi un poco le dita. Una volta lì, avevi due scelte: marciare con i piedi scuciti o fermarti a rotolare nella lascivia. Ti avevano detto che, a restare, avresti finito per vomitare l'anima nel cassonetto del vicolo. Te l'avevano detto tante di quelle volte che avevi preso a chiederti se tenevi l'anima o le viscere nell'intestino. Lattine di birra e di Diet Coke foderavano l'asfalto, scalandoti la marcia ad ogni passo. Groppi di vecchi ninnoli bucati picchiettavano gli angoli delle fabbriche smesse: casermoni con i tettucci troppo orizzontali e gli stanzoni fatti per i giganti del popolo operaio. Sputi rancidi arruginivano i cofani delle macchine sfasciate. Tu non conoscevi quel posto, non sapevi neppure ci fosse il mercato delle lucciole lì. Mark ti ci aveva portato, tu non volevi andarci, volevi continuare a credere alle favole ancora per un po'. Ma lui ti stava guardando e i tuoi amici erano già andati avanti a farsi fare grandi. Era arrivato il momento di farlo, anche per te. Era la cosa giusta. Con tutti quei "c'era una volta", quel posto era pieno di favole. In fondo.</em></span></span></span></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com20tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-52340510831175587042011-01-07T03:28:00.000-08:002011-02-07T07:53:50.582-08:00MISCREDENZE DARWINIANE<div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Sono un seguace. Sono un seguace della religione. Sono un seguace della religione dell’immagine riflessa. Sono un seguace della religione dell’immagine riflessa e del riverbero. Sono un seguace della religione dell’immagine riflessa e del riverbero elargito da ogni superficie specchiata.<br />
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Sono un fedele. Sono un fedele del culto. Sono un fedele del culto dell’istantaneo. Sono un fedele del culto dell’istantaneo successo. Sono un fedele del culto dell’istantaneo successo e del subitaneo trionfo erogato dal fato.<br />
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Sono un praticante. Sono un praticante della liturgia. Sono un praticante della liturgia dell’immorale. Sono un praticante della liturgia dell’immorale compromesso. Sono un praticante della liturgia dell’immorale compromesso e dell’insana dialettica.<br />
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Sono un seguace della religione dell’immagine riflessa e del riverbero elargito da ogni superficie specchiata. Sono un fedele del culto dell’istantaneo successo e del subitaneo trionfo erogato dal fato. Sono un praticante della liturgia dell’immorale compromesso e dell’insana dialettica.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black;"></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Rifiuto la gradualità.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Rinnego la lentezza della progressione. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Demonizzo le tappe.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Eccito le soste. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Tu,eretico procedi pure per gradi. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Fallo, miscredente.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Fallo, sacrilego profanatore della facile vittoria. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Di’ che non si evolve se non procedendo per fasi.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Lascio a te la disfatta dell’evoluzione. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Io voglio vincere, non evolvere.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Desidero avanzare, non progredire. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Un successo per ogni istante.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Sebbene io rimanga lo stesso dopo ognuno di essi.</span></div><span style="color: black;"></span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;"></span><span style="color: black;"></span><br />
<div style="text-align: justify;"><a href="http://www.youtube.com/watch?v=ZvOPFl03JvU"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><em>http://www.youtube.com/watch?v=ZvOPFl03JvU</em></span></a></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><br />
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</span></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com18tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-17141858272252052972011-01-01T08:33:00.000-08:002011-03-27T08:59:22.442-07:00BOULEVARD OF BROKEN DREAMS<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0pt; text-align: justify;"><div style="text-align: center;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif; line-height: 115%; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman';"></span><br />
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<span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; line-height: 115%; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman';">1</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;"></span><span style="font-family: "Georgia", "serif"; line-height: 115%; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman';"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;">D’estate, l’abitacolo di una macchina diventa un forno crematorio: la pelle dei sedili cola sulle cosce come latex sfatto, le cuticole friggono sulla grata <i style="mso-bidi-font-style: normal;">dieci e dieci</i> come Baccanti sulla porta dell’Inferno. La sensazione è di piacere e di asfissia, allo stesso tempo: farsela con un carbone ardente, trattenendo il respiro. Ecco, cosa si prova. Se resisti un poco, l’odore della nafta si attacca alla pelle: s’incrosta sui peli delle braccia e s’infila nelle ossa piega-stira. Gomiti e ginocchia. Lisciarti l’avambraccio con le narici è un poco come assaggiare Lucifero, allora: tu e il vizio, in Paradiso. Quando metti in moto sei abbastanza eccitato, andresti a puttane. Ma vai al lavoro. Pensi a tuo padre:<em> “Il piacere è solo l’abito buono dell’ozio”</em>. E vai al lavoro.</span> </span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; line-height: 115%; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman';">Quel mentecatto di Leonard Smith te lo dice ogni volta che vi incontrate in portineria: <em>“Ragazzo mio, dovresti divertiti di più”.</em> Ci sono pareti azzurro piscio che crollerebbero, pur di non sentirglielo ripetere. E tu ci andresti sotto: la testa sotto l’intonaco color puffo e arrivederci. Non sei un tipo calmo, uno come Smith lo pesteresti con piacere, ma, sul posto di lavoro, la furia costa più dell’incompetenza, lo sai. Dopo lo scandalo Mayer, l’Ospedale è più attento al rapporto tra colleghi che al numero di morti: giura pace e amore ad ogni testa di cazzo col camice che incontri, questo è il nuovo slogan. E tu devi seguirlo. </span><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; line-height: 115%; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman';">Un giorno, Dudy ti ha detto che una vita fatta di doveri è un poco come un testamento: ci stanno un paio di immobili e un’infinita tristezza. Dudy sa essere incredibilmente saggio, dopo otto tumbler di Mojto. Cinque, se inspirato. Lui e Leonard Smith hanno ragione, in fondo. Dovresti imparare a goderti la vita. Se non lo fai è perché non ami i premi di consolazione: hai provato a raggiungere il piacere, ma non ci sei riuscito, ora, dovresti accontentarti di quel che viene. Di eccitarti come un coglione in un night club, per esempio. E quello sarebbe il piacere? Non per te. Per te, il piacere è realizzare i sogni, quelli che stanno fuori dalle mutande. Chi li raggiunge si gode la vita, agli altri rimane il dovere. Il dovere è la croce dell’uomo che non è riuscito a trovare il piacere, pur sapendo dove si nascondeva. O, almeno, questo è quello che è successo a te. </span></span></div><div style="text-align: center;"><span style="color: #666666;"><br />
</span></div><div style="text-align: center;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; line-height: 115%; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman';">2</span></div><span style="color: #666666;"><br />
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<span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><span style="color: #666666;"><span style="line-height: 115%; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman';">Se ti si può riconoscere un pregio, è la lungimiranza. A vent’anni, avevi già capito che non saresti arrivato dove volevi. Forse, nel tuo caso, più che di lungimiranza si trattava di fottuto pessimismo, ma non importa. Alle volte, la differenza tra due cose è tanto sottile da non avere valore: se, guardando una sola nuvola ingrigita, dici che sta per arrivare un temporale e un temporale arriva per davvero, sei stato lungimirante o pessimista nel prevederlo? Forse, hai solo avuto culo. Quello si che è un pregio che vale, beato chi lo possiede. Tu no. </span><span style="line-height: 115%; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman';">In alcune occasioni, hai pure pensato di avere un poco di buona sorte. Quando indossi la maglia dei Clash, lo pensi sempre. Poi, te la togli e ti accorgi che non è cambiato niente. Forse, dovresti scegliere un’altra maglia. Più potente, magari. Come si chiama quel tipo che sgozza capre sul palco? Una sua t-shirt potrebbe fare al caso tuo. E vai con i riti satanici. Per quanto ti riguarda,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>ti venderesti pure ad Harry Potter, se la cosa potesse esserti d’aiuto. </span><span style="line-height: 115%; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman';">Non è che non ami l’integrità morale, è che sei troppo disperato per avercela. Probabilmente, dovresti avercela comunque. Disperato o no. Ti tocca sentirti in colpa, adesso? Facciamo che sei troppo disperato anche per sentirti in colpa. E, poi, hai pensato di venderti ad Harry Potter, non a Voldemort. Ecco cosa ti piace di te: anche nella merda, riesci a non toccare il fondo. Sei una bella persona, in fin dei conti. Al tuo funerale, qualcuno dirà: <em>“Sono sempre i migliori ad andarsene via”.</em> Forse, ti conviene pagare un tizio perché lo faccia. Giusto per sicurezza. Insomma, non si sa mai.</span></span></span><br />
<span style="color: #666666;"><br />
</span><br />
<a href="http://www.youtube.com/watch?v=gWNRUVMboq4"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">http://www.youtube.com/watch?v=gWNRUVMboq4</span></a></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com18tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-30509753888249201762010-12-14T04:39:00.000-08:002011-03-27T09:00:00.455-07:00I'M GO(O)D<div style="text-align: justify;"><div style="text-align: center;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><span style="font-family: georgia, palatino;"><span class="ske03"><span style="font-family: georgia, palatino;"><span class="ske03"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><img height="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgV_DR2DuD1JFcmboahJnR_JnROBYzMvPGSIh_lmba92THRUn2_x0VmTuO_RE8slwRiIu4hbNIa_UqKrOla5dKowH_0NHQi2smA_2g3QuwxpU_6uRfjcrcCNTSqY0UAl3IBS1SIJE_nNM1l/s320/Bild+2.png" width="0" /></span></span></span></span></span></span></div><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><span style="font-family: georgia, palatino;"><span class="ske03"><span style="font-family: georgia, palatino;"><span class="ske03"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">La luce era scarsa. Pitturava poca roba: paglierino per l'attaccapanni e arancio brustolito per le pentolacce in lamiera. Il resto era buio: colore carbone e sapore <em>chivalà</em>. Sarebbe stato così per un paio d'ore, ancora. Poi, luce piena. Difficile spiegare quanto, per un apolide con il passaporto come me, quel momento fosse perfetto. Per chi si sente ai margini del mondo, l'alba è un poco come Pepperland: una terra felice sotto strati d'oceano.</span></span></span></span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;"></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia, palatino;"><span class="ske03"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><span style="color: black;">Era in quei momenti che pensavo ad Allison: <em>Non serve essere comunisti, se si crede in Dio. </em>Lei lo diceva sempre. Si spalmava un poco di pomata per l'artrosi sulle dita, prendeva a sdrucciolare il rosario e diceva questa frase. A forza di sentirgliela ripetere, mi sembrava d'avercela agganciata all'epiglottide. L'avrei sputata fuori anch'io, un giorno o l'altro. Come un torsolo d'oliva: con la mano davanti per non farmi vedere. Era mia e non mia, allo stesso tempo. Sembrava il ritornello di una canzonetta dei Beatles: quelle sono una specie di patrimonio nazionale. Di tutti e di nessuno. Una Yellow Submarine coi putti a far la ola, ecco cos'era. E io me la suonavo in testa, salutando i Biechi Neri dall'oblò. <em>We all live in a yellow submarine. Yellow submarine, yellow submarine. And our friend are all on board. Yellow submarine, yellow submarine.</em></span></span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia, palatino;"><span class="ske03"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><span style="color: black;">Era in quei momenti che pensavo a Sam: <em>Non serve essere rivoluzionari, se si crede in Dio.</em> Lui lo diceva sempre. Si spalmava un poco di pomata per l'artrosi sulle dita, prendeva a sdrucciolare il rosario e diceva questa frase. A forza di sentirgliela ripetere, me la sentivo agganciata all'epiglottide. L'avrei sputata fuori anch'io, un giorno o l'altro. Come un torsolo d'oliva: con la mano davanti per non farmi vedere. Era mia e non mia, allo stesso tempo. Sembrava il ritornello di una canzonetta dei Beatles: quelle sono una specie di patrimonio nazionale. Di tutti e di nessuno. Una Revolution 9 coi putti a far la ola, ecco cos'era. E io me la suonavo in testa, salutando Yoko Ono dal balcone. <em>You say you want a revolution. Well you know, we all want to change the world. You say me that it's evolution. Well you know, we all want to change the world.</em></span></span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia, palatino;"><span class="ske03"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Non serve essere comunisti, se si crede in Dio. Non serve essere rivoluzionari, se si crede in Dio. Non serve essere, se si crede in Dio. Se ci affidassimo meno alla provvidenza divina, non ci sarebbe bisogno d'affidarsi alla provvidenza divina.</span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia, palatino;"><span class="ske03"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">La luce era scarsa. Pitturava poca roba: paglierino per l'attaccapanni e arancio brustolito per le pentolacce in lamiera. Il resto era buio: colore carbone e sapore <em>chivalà</em>. Sarebbe stato così per un paio d'ore, ancora. Poi, luce piena. E luce fu.</span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: georgia, palatino;"><span class="ske03"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Era domenica."Secondo le scritture, Dio si riposò il settimo giorno". Sarei stato comunista e rivoluzionario, allora. Di domenica, sarei stato D-io.</span></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black;"><br />
</span></div><div style="text-align: justify;"><a href="http://www.youtube.com/watch?v=Ktv2C9vnRKU" target="_blank"><em><span style="font-family: georgia, palatino;"><span class="ske03"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">http://www.youtube.com/watch?v=Ktv2C9vnRKU</span></span></span></em></a></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com19tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-76821572625268375492010-12-06T01:23:00.000-08:002011-02-07T07:56:51.832-08:00SOL(O) LEVANTE<div style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">Lo raccontavo a Itsuko: periodo strano, questo. Mi pare d'essermi fumato il cervello, succhiato assieme all'ultimo pacchetto di Hongtashan. Ho la testa d'una trottola in calore. Fisso le travi del parquet con le mandorle che mi ha dato il vecchio. Plin, plin, plin. Mi ubriaco da ieri. Se mi spio le interiora dal buco della serratura, ci trovo una guardiana osè a fare le fusa. Mettetemi in mano alla milizia: ho bisogno di castrarmi un poco. Dieci litri d'alcool di riso e il sapore della sua lingua mi sta ancora tra i denti. Non andrà più via, lo so. Se chiudo gli occhi, la vedo girare tra i tavoli del Malong Meishi: l'occidente fa bene alle donne cinesi. Se sono di altri. Liberate da un poco d'ubbidienza paiono meno bambole di porcellana con cui non t'accendi a giocare. Più simili a concubine di nessuno, pronte a dire la loro. E' stuzzicante incontrarne una così, di tanto in tanto: un piacevole strappo alle regole, il gingillo di una notte. Dopo di che, torni alla tradizione: donne quiete e curve. Per chi ama il proprio passato, il cambiamento è un poco come una prostituta: eccitante, ma immorale.</span></div><div style="text-align: justify;"><br />
<span style="color: black;"></span></div><div style="text-align: justify;"><br />
<span style="color: black;"></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times;">Il poeta cinese Fouchwan descrive così la condizione della donna cinese:</span><i><span style="font-family: Times;"></span></i></div><div style="text-align: justify;"><br />
<span style="color: black;"></span></div><div style="text-align: justify;"><i><span style="color: black; font-family: Times;">Che disgrazia il destino della donna, niente al mondo è meno vile d'ella. I figli sono in piedi addossati alle porte, come degli dei caduti dal cielo. I loro cuori lanciano una sfida ai quattro mari, ai venti, alle terre e alle migliaia di chilometri. Ma la figlia, nessuno si rallegra della sua nascita. La famiglia non realizza nessun guadagno con essa, quando cresce, si nasconde nella sua camera, nessuno la piange se sparisce dalla sua casa. Si morde le labbra, si curva e s'inchina e spesso manca di fierezza.</span></i></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;"> </span></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-4905341155471199662010-11-30T07:03:00.000-08:002011-02-07T07:57:31.518-08:00THE FOOLISH MAN<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 9pt 0cm 0pt; text-align: center;"><div style="text-align: center;"><span style="font-family: "Georgia", "serif"; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-fareast-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-language: IT;"><em><span style="color: white; font-family: Times, "Times New Roman", serif;"></span></em></span></div><br />
<em><span style="background-color: white; color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">La pazzia è come una sbronza. </span></em></div><div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 9pt 0cm 0pt; text-align: center;"><span style="mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-fareast-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-language: IT;"></span><span style="mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-bidi-font-size: 11.0pt; mso-fareast-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-language: IT;"><span style="background-color: white; color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><em>Con meno vomito e nessuno che ti aiuti a finire la bottiglia.</em></span></span></div><span style="background-color: white; color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif; mso-bidi-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-language: IT;"></span><br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 9pt 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="mso-fareast-font-family: 'Times New Roman'; mso-fareast-language: IT;"><span style="background-color: white; color: black; font-family: Times, "Times New Roman", serif;">La stagione della Caccia era alle porte. Io e Teresa Laber -la figlia del pastore- ci tenevamo lontani da certe usanze: recitavamo preghiere per la salvezza delle povere creature di Dio, mentre succhiavamo bastoncini di liquirizia e stecche di tabacco, scambiandocene il sapore con le labbra. Passeggiavamo, seguendo i semafori di una Camden Road che -in quel periodo dell’anno- pareva un deserto di rena alternative: dimenticata da Dio, dalla Regina e -persino- dai pellegrini occhi a mandorla. Ci piaceva bighellonare tra i banchetti del Camden Market come trottole col singhiozzo, con gli spasmi di Sid Vicious negli orecchi e i rigurgiti di Vivienne Westwood sotto ai giubbotti. Spendendo dieci sterline per un paio di Shieffield che non avremmo mai indossato e buttando un paio di penny per un vecchio stemma della marina risalente a chissà quando, appartenuto a chissà chi. Quel giorno, facemmo appena in tempo a fare qualche giro. Un paio di mezz’ore e ce ne corremmo via a gambe levate: le scapole a seminare Hampstead Heath e i piedi a battere contro il sedere di blue-jeans. Avevamo paura. In fondo, non eravamo altro che dei poveri cacasotto che s'addomesticavano con la minaccia di levare il candeggio alle mutande. Parevamo stare al mondo con la marcetta del maestro Luigino Ferri ficcata dentro agli scarponi da montagna: un passeggio in Do molli, se si stava lisci, e una corsa in La veloci, se il gioco s’arrischiava. Quando arrivammo a Bayswater , Igor Torvek aveva già occupato il tavolone di mezzo del Porchester. Stava seduto al centro del locale con la sua combriccola di spaccalegna: una dozzina d’omoni a muso aperto e gambe larghe che sfiatavano tabacco e liquori. Vedere le loro mani grinzose agitare i boccali vuotati sopra la testa fu un sollievo: ci avrebbero protetti. Tom Fool, il matto, stava venendo in Città. </span></span></div><div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 10pt; text-align: justify;"><br />
<span style="background-color: white; color: black;"></span></div><div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin: 9pt 0cm 0pt; text-align: justify;"><span style="color: black;"></span></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com18tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-20968817389171371642010-11-25T02:51:00.000-08:002011-02-06T08:11:27.508-08:00THE CARNIVAL OF MISS(ED) PANDORA<div class="MsoNormaltext-align: justify; line-height: normal; margin: 9pt 0cm 0pt;text-align: justify;text-align: justify;" style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;"><em>Le avevano detto: ci stanno trentaquattro modi di fare del male, ma nessuno s’era preso la briga di dirle quale fosse il principale. Le avevano detto: ci sono quarantadue strade per riuscire a mentire, ma nessuno s’era preoccupato di dirle dove andassero a finire.</em></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;"></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;"></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;">Il cielo di Town s’abbuffava d’ovatta in vista d’un temporale. Schiere di rondelle imbrunite brizzolavano le rasature quadrate degli edifici del centro, sassate d’acqua stagna ossidavano le cancellate d’alluminio. Kalumi camminava di corsa: stava in ritardo per il Carnevale. Quella mattina, in nome di tante altre. </span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;"></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;"></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;">Aprì il carillon.</span></div><div align="justify" style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;"><br />
</span></div><div align="justify" style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;"><em>Le avevano detto: ci stanno ventisei modi per confondere, ma nessuno s’era preso la briga di dirle che uno di questi è nascondere. Le avevano detto: ci sono novantatre strade per ingannare, ma nessuno s’era preoccupato di dirle come poterle evitare. </em></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;"></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;">Quando Kalumi arrivò, il Carnevale era già iniziato. Dozzine di mascherine sfilavano già per le strade del centro. Non le restava altro da fare che stare a fissarle per un po’, provando a indovinare quale travestimento avessero su: un passatempo non troppo divertente, ma per nulla complicato. Da qualche tempo, aveva imparato a capire le persone.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;"></span></div><div align="justify" style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;">Aprì il carillon.</span></div><div align="justify" style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;"><br />
</span><br />
<span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;"><em>Le avevano detto: ci stanno cinquantaquattro modi di deludere, ma nessuno s’era preso la briga di dirle che il peggiore è illudere. Le avevano detto: ci sono infinite strade per amare, ma nessuno s’era preoccupato di dirle come poterle incrociare. </em></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;"></span></div><div align="justify" style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;">Il temporale s’era sfogato. Le scheggete di pioggia s’erano conficcate a dovere nei tubi di sampietrini. A impalare le ultime gocce. Kalumi s’era girata la parata, tutta intera. Ci aveva camminato in mezzo con un piccolo arsenale: il vomito delle serate sbagliate nella bocca e un poco d’argilla nelle mani. Avrebbe potuto farci una maschera, con quella.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;"></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;">Chiuse il carillon.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #666666; font-size: x-small;"></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: x-small;"><br />
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<div style="text-align: justify;"></div></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com27tag:blogger.com,1999:blog-8002168150573183292.post-15575465990951510552010-11-21T10:08:00.000-08:002011-02-06T08:12:09.862-08:00IL TESTAMENTO<div class="separator" style="clear: both; text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;">Il quartiere dei becchini era un'astrusa terra di mezzo. Un bilancino col volto scuro e le carni stinte che oscillava tra occidente e Sol Levante senza prendere posto: un poco tra i vivi, un poco tra i morti. Senza fare torti. Le viuzzule erano tanto strette da parere mangiatoie per ratti, le tettoie così acute d'avere la faccia di mine arrotate. Di luce ce n'era poca: sputi di sole, sottili quanto spilli smilzi, riuscivano appena a scivolare lungo una casa senza infrangersi addosso alla dirimpettaia. Il becchino Perry Smith, in pensione da una manciata d'anni, stava contando le linee d'ombra sulla strada. Non aveva molto da fare. Non aveva molto da vivere. Il volto pieno di plissettature, la testa zeppa di memorie e il cuore affaticato. Era in quel periodo di tempo in cui si prende a vivere come una cicala: la vita può durare una ventina d'ore. Si passa gran parte del tempo a riflettere sulla propria fine. Non si è più su un diretto senza fermate, ma sopra un carrozzone zeppo di soste. In attesa della propria stazione d'arrivo.</span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family: Times, "Times New Roman", serif;"><br />
<span style="font-size: x-small;"></span></span></div><div style="text-align: justify;"><span class="ske03"><a href="http://www.youtube.com/watch?v=el9PKuRImY0" target="_blank"><span style="color: #cccccc; font-family: Times, "Times New Roman", serif; font-size: x-small;">http://www.youtube.com/watch?v=el9PKuRImY0</span></a></span></div>Efedrinahttp://www.blogger.com/profile/04199331871281498026noreply@blogger.com11